OLIVE TAGGIASCHE IN SALAMOIA

L'Oliva Taggiasca è una cultivar particolare presente solo nel ponente ligure da Albenga a Ventimiglia.
La sua caratteristica è quella di ottenere un Olio dai fruttati delicati,amaro e piccante di lieve intensità,ma con spiccati sentori di dolce che richiamano il gusto di frutta secca e pinoli.

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Val Pennavaire

La VAL PENNAVÀIRA è una delle quattro valli che da ALBENGA, centro storico di origine romana in provincia di Savona di grande interesse ambientale, storico, urbanistico e architettonico, risalgono verso la linea spartiacque fra Liguria e Piemonte. Come le altre tre ­ Arroscia, Lerrone e Neva ­ prende il nome del fiume che la percorre.

Il territorio della valle si sviluppa dal livello del mare di Albenga fino ai 1379 metri del Colle di Capraùna (frequente ma errata è la pronuncia con l’accento sulla seconda a), valico ormai in provincia di Cuneo che mette in comunicazione conlaValTànaro.

Dai reperti risalenti al Paleolitico rinvenuti in alcune grotte (localmente “arme”) e oggi conservati nel Museo Preistorico di Albenga, la valle è considerata dagli studiosi la prima culla dei Liguri, nome attribuito alle popolazioni che si spinsero verso sud a seguito dell’ultima glaciazione del 9000­8000 a.C.

Itinerario

RISALENDO LA VALLE

Lasciata Albenga, si imbocca la statale n.582 diretta a Garessio attraverso la VAL NEVA, all’altezza di CONSCENTE (il cui nome significherebbe appunto confluenza), si dirama la provinciale SP 14 della Val Pennavàira, in una sequenza

di centri abitati spesso suddivisi in piccole frazioni e non di rado raccolte attorno a castelli o fortificazioni di origine medioevale: ben conservati o in rovina, testimoniano un apparato difensivo edificato dalle varie dinastie che nel corso della storia governarono il Ponente ligure (in primis i Del Carretto), tutte importanti vie commerciali fra il Piemonte e le località rivierasche. Altra caratteristica di questi borghi sta nelle case in pietra con le finestre bordate di bianco che, disposte “a cascata” lungo i ripidi pendii della valle, danno l’impressione di un suggestivo presepio.

Fra questi, una menzione particolare spetta a COLLETTA DI CASTELBIANCO che, oltre a far parte del Club dei Borghi più belli d’Italia, è l’unico esempio nel nostro Paese di “borgo telematico”: dopo un rovinoso terremoto nel 1887 che lo trasformò per oltre un secolo in un villaggio fantasma, oggi le abitazioni di Colletta, pur conservando strutture e materiali rigorosamente conformi all’originale, sono interamente cablate in fibra ottica. Il Borgo è così rinato a nuova vita ed è sede di una vivace attività con eventi culturali, musicali, artistici, gastronomici.

Un’altra evidenza della Val Pennavàira consiste in alcuni ponti medioevali a schiena d’asino ben conservati che scavalcano il fiume, in lunghi tratti parallelo alla strada.

NASINO, 10 km da Conscente, è situata a quota 335 in un punto in cui la valle, in questo tratto molto incassata, è dominata a sinistra (salendo) dalla mole del monte Castell’Ermo (o Peso Grande), alto 1094 metri e inconfondibile per i torrioni calcarei che ricordano le forme dolomitiche. La Val Pennavaira si trova incassata fra le Alpi Marittime, fra banchi verticali di calcare in cui si aprono numerose grotte. Dal torrente Pennavaira prende il nome.

E' stata indagata sistematicamente da Milli Leale Anfossi tra il 1952 e il 1975. Durante gli anni '80 la Soprintendenza Archeologica della Liguria ha condotto interventi minori.

Cinque siti sono stati scavati sistematicamente e sono ubicati fra 200 e 1000 m di quota e fra 14 e 19 Km dalla linea di costa attuale.

­ L'Arma di Nasino è il sito principale. Si tratta di un riparo le cui prime occupazioni sono attestate da materiali attribuibili alPaleolitico Superiore (Epigravettiano finale), e la cui datazione risale a circa 10.090 anni da oggi.

Seguono livelli Neolitici in cui è testimoniata la in sequenza la presenza della Cultura della Ceramica Impressa, quella dei Vasi a Bocca Quadrata ed infine la Cultura Chassey. Terminano la stratigrafia livelli dell'età del Rame e del Bronzo.

­ L'Arma dello Stefanin si trova in uno dei punti più' stretti della valle ed è stata interpretata come rifugio e sito di macellazione utilizzato dai cacciatori di stambecchi. La presenza di questo animale raggiunge l'80% tra i restifaunistici rinvenuti. La parte inferiore del deposito archeologico è datato a circa 18.710 anni da oggi. Seguono strati di abbandono e di rioccupazione in età neolitica in cui è attestata la Cultura della Ceramica Impressa . Questi ultimi sono datati a circa 6610 anni da oggi.

­ La Grotta del Petrusello si trova a circa 550 m s.l.m. e la sua occupazione comincia con la Cultura della Ceramica Impressa cui segue la Cultura Chassey fino all'età del Rame.

­ La Tana del Barletta è una piccola caverna posta a circa 1000 m di quota. Una prima fase di occupazione è attestata da ritrovamenti pertinenti alla Cultura Chassey datati a circa 4980 anni da oggi. La frequentazione divenne più' assidua

durante l'Età del Rame (circa 3380 anni da oggi) e l'Età del Bronzo (circa 3270 anni da oggi).I resti faunistici sono esclusivamente domestici. L'utilizzo era probabilmente quello di stalla durante le transumanze fra la piana di Albenga e gli alti pascoli estivi a quota 1500 ­2000 m.

­ La Grotta delle Camere, a circa 900 m di altezza è una piccola caverna sepolcrale collettiva dell'Età del Rame.

Superata Nasino, la strada sale a tornanti in una zona di castagneti fino a raggiungere dopo 5 km ALTO (m.650), ormai in provincia di Cuneo. L’abitato, suddiviso in diversi nuclei sparsi, è dominato dal duecentesco Castello dei Cepollini: in posizione spettacolare a strapiombo sul fondovalle, è una massiccia costruzione a quadrilatero con due torri angolari cilindriche e una loggia cinquecentesca rivolta verso l’opposto crinale della valle Arroscia dominato dalla rocca naturale del Castello dell’Aquila.

Ancora 4 km e si giunge a CAPRAÙNA, ultimo centro abitato della valle costituito di cinque borgate che si sviluppano fra gli 800 e i 1049 metri di quota sul pendio compreso fra il Monte della Guardia e il Monte Armetta (meta dell’escursione descritta più avanti).L’ambientazione è quella tipica delle alte valli liguri: tessuto urbano compatto di tipica tradizione pastorale con case dal tetto in pesanti lastre di pietra.

La provinciale prosegue tagliando estesi castagneti che più in alto lasciano posto ai pascoli fino a scollinare al Colle di Capraùna a m.1379 (km 9 da Alto, 29 da Conscente): la discesa porta a Colle di Nava e ad Ormea in Val Tanaro, ormai al di fuori delle competenze dell’area che stiamo trattando.

LA SALITA AL MONTE ARMETTA

Il Monte Armetta è un tozzo panettone quotato 1739 metri, non particolarmente pronunciato sul versante della Val Pennavàira, mentre a nord precipita vertiginosamente verso la Val Tànaro, con l’abitato di Ormea situato mille metri più sotto. La cima è tutta compresa nella provincia di Cuneo, dato che in questo tratto la linea spartiacque ­ lungo la quale si sviluppa l’AVML (Alta Via dei Monti Liguri) ­ corre sul versante ligure.

Il nome è riferito probabilmente al termine ligure “arma” che, anche nelle forme “balma” o “barma”, sta a indicare una grotta o comunque un riparo sotto la roccia. In effetti sui fianchi della montagna si aprono diverse cavità prodotte dall’erosione.

Dal citato borgo di ALTO, si dirama una strada a tornanti che in 4 km guadagna 358 metri fino a raggiungere i 1008 della piazzetta antistante il piccolo santuario di Madonna del Lago, dove si parcheggia l’auto. Il luogo è molto suggestivo, con la semplice chiesetta ottocentesca e la primitiva cappella (oggi locanda aperta nella bella stagione) sulla riva di un minuscolo laghetto glaciale che riflette le rocce frastagliate della Rocca Asperiosa. Qui ogni prima domenica di luglio si radunano i fedeli e le confraternite per la tradizionale processione della festa della Visitazione di Maria.

Dalla chiesa (segnavia rossi sul muro esterno) si prende a salire in direzione ovest­nord­ovest un pendio erboso che si addolcisce ai 1161 metri di Case Fontane, raggiungibili anche per carrozzabile sterrata proveniente da Madonna del Lago. Da qui, bellissima vista sull’abitato di Alto, 500 metri più in basso.

La mulattiera prosegue fra prati e boschetti incontrando di tanto in tanto caratteristiche case in pietra, oggi adibite perlopiù a ricovero per animali o deposito di attrezzi agricoli ma anche provvidenziali per gli escursionisti in caso di intemperie.

Il Colle di San Bartolomeo di Ormea (m.1439) è punto di incrocio con una rotabile sterrata e con i sentieri che salgono dai versanti ligure e padano nonché verso est alla cima del Monte Dubasso. Si continua dolcemente verso ovest costeggiando un lariceto fino a raggiungere l’ampia conca erbosa di Piano del Colle con la lunga costruzione in pietra di Case Porcile: è questo un luogo che merita una sosta e che in questa giornata un po’ uggiosa di un marzo 2010 caratterizzato da forte innevamento, con la distesa bianca qui e là inframmezzata da alberi scheletriti, regala una suggestione davvero unica.

Mentre la meta finale resta celata fino all’ultimo, i segnali biancorossi dell’Alta Via portano alla base dell’anticima est dell’Armetta, lo strappo più faticoso del percorso per via della neve molle nella quale si affonda nonostante le ciaspole.

Toccata la sommità, si scende brevemente lungo un’ampia insellatura e in pochi minuti si arriva sulla vetta, quasi sgombra da neve.

Da Madonna del Lago abbiamo impiegato tre ore e dieci minuti, circa 30­40 in più del normale tempo di salita: senza dubbio la neve ci ha parecchio frenato, anche se ci ha regalato scenari spettacolari. Ma in fondo, alla nostra età, non dobbiamo certo battere dei primati e ci gustiamo ogni minuto di questa bella giornata di montagna.

Il panorama dalla cima è vastissimo, in particolare verso nord, con l’abitato di Ormea mille metri più in basso e la corona delle Alpi Liguri Meridionali fra le quali spiccano la cima dell’Antoroto e l’aguzza piramide del Pizzo d’Ormea.

Per il ritorno, un’alternativa molto appagante consiste nella variante che dal Colle di San Bartolomeo di Ormea porta

alla cima del Dubasso per tornare al punto iniziale, ma ce la riserviamo per un bis nella bella stagione. Ci limitiamo a un giro “fuori pista” largo quanto basta per evitare il tratto ripido dell’anticima est ricongiungendoci alla via dell’andata all’altezza di Piano del Colle.

Il resto è una lunga ma tranquilla discesa, con tutto il tempo per una visita di Alto con doverosa sosta per un meritato caffè.

FONTI BIBLIOGRAFICHE

* Paolo Stringa: Valli di Albenga (collana “Liguria territorio e civiltà” Vol.15) ­ Ediz. SAGEP, 1980

* Andrea Parodi: Vette delle Alpi dalla Liguria al Monviso ­ Andrea Parodi Editore, 1996